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Fundraising per la politica n°64: non si può improvvisare

images cameraIl fundraising, che non deve intendersi come semplice ricerca di fondi, rappresenta uno strumento nuovo per la politica italiana. Non è così per il Nonprofit che da molti anni utilizza principi, tecniche e strategie che gli consentono non solo di reperire fondi, ma anche di fidelizzare in maniera efficace i propri donatori.
Ma nel nostro Paese quanto è cambiato dopo il recente inizio del taglio del finanziamento pubblico ai partiti? A mio parere, poco.
Risulta che in molte Segreterie di partito, al posto di pianificare strategie di fundraising, si stanno tagliando semplicemente le spese, in particolare quelle per il personale con riduzioni di posti di lavoro (pochi giorni fa la Lega ha richiesto la cassa integrazione per ben settanta dipendenti e ha annunciato, dal 1° dicembre, la chiusura del giornale “La Padania”). Si licenzia, si chiudono le sedi o si “accorpano”. E’ sicuramente utile eliminare gli sprechi ma tagliare in maniera netta, non è nello spirito del fundraising. Non funziona così!
Che cosa manca, allo stato attuale, al fundraising per la politica? Manca la cultura del fundraising, mancano codici etici per l’accettazione delle donazioni, manca la formazione, manca personale dedicato e specializzato, mancano pianificazione a lungo termine e strategie e mancano campagne di raccolta fondi serie…e un riferimento va fatto subito alla recente raccolta del due per mille, che pare non interessare ai partiti. La prova? Le quasi inesistenti campagne di raccolta. In quanti, infatti, avranno donato il loro due per mille a un partito? E perché avrebbero dovuto farlo?
Il fundraising per la politica non utilizza le stesse tecniche e le stesse strategie del fundraising tradizionale. E’ un mondo a parte, con complicazioni tutte italiane che partono dalle motivazioni dei donatori: “Perché dovrei sostenere con i miei soldi la politica?” “Cosa ci farete con i miei soldi?” “E avete anche il coraggio di chiedermi soldi?”.
La verità è che non basta copiare da un sito web americano la sezione “give now” per affermare di “fare fundraising”, non serve organizzare “cene o pranzi” se manca la gestione successiva dei donatori, è inutile raccogliere e conservare migliaia di indirizzi email se ai sostenitori non si comunica nulla. Il fundraising per la politica è strategia, tempo, programmazione e comunicazione. Ed è proprio la comunicazione un tassello fondamentale del fundraising.
Consentitemi di utilizzare un assunto: “se io cittadino sostengo economicamente te politico, ti voterò anche. Ma se ti sostengo è perché condivido con te un progetto e ne voglio essere parte attiva”. Questo è ciò che manca oggi: partecipazione vera e convinta. Il fundraising può essere dunque l’occasione per rinsaldare un rapporto, oggi totalmente scollato, tra cittadini e politica, tra voto e programma elettorale, tra bene comune e delega ad amministrarlo. Una sola cosa è certa: nel fundraising per la politica è assolutamente da evitare l’improvvisazione e per tanti non sarà una buona notizia.

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