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Fundraising per la politica: ancora sotto zero

Un partito italiano ha pubblicato il suo bilancio 2011. Atto davvero meritevole.

Le maggiori entrare, come in analoghi casi, arrivano dai contributi elettorali e parliamo di milioni di euro. Nel bilancio c’è però una voce interessante che dovrebbe far riflettere chi si occupa di fundraising e chi dirige un partito: “libere contribuzioni da parte di simpatizzanti “….totale: 236,00 euro. Questa somma rappresenta lo 0,005% dei “contributi”.

Non sarebbe il caso di cominciare a pensare seriamente al fundraising? “Se ti sostengo con una donazione consapevole, al 90% ti voto anche…. Non ti conviene?”

5 Commenti
  1. Giuseppe Cacòpardo dice

    Caro Raffaele, il tuo commento ha colto nel segno. La Politica (la P è voluta) deve guardare al fundraising come attività fondamentale nella creazione del consenso e nella ricerca di condivisione, partecipazione e adesione da parte dell’elettorato.

  2. Massimo Coen Cagli dice

    Caro Raffaele, non credo sia un problemadi fund raising, ma un problema di fiducia. E’ lì il punto carente. AE si sa, senza fiducia è diffcile che si facciano donazioni. Se non c’è fiducia allora ci vuole un’altra ragione pià strumentale. E in questo caso ne abbiamo viste di tutti i colori. Non credo che il fudn raising possa migliorare di per sè il finanziamento dei partiti. Ci vuole mission, strateie e fiducia. E i partiti ahimè in questo momento scarsggiano delle tre cose.

  3. Raffaele Picilli dice

    io mi auguro che in Italia la gestione della Politica possa cambiare e che si capisca che il cittadino, per continuare a crederci, ha bisogno di partecipare. Fiducia, consenso, condivisione…oggi manca tutto…questo è davvero triste ed è ancora più triste accorgersi di come i nostri politici non abbiano una strategia per uscirne..troppo comodo avere il piatto pronto in tavola, specialmente quando paghiamo noi.

  4. Fabiano dice

    Se il fundraising è un processo circolare, cercare di comprendere se è nato prima l’uovo o la gallina ha poco senso! Tutto sta nel concepire in maniera strategicamente mirata quando e come mettere la prima gallina nel pollaio…

    Fuor di metafora, concordo con Beppe Cacopardo nel momento in cui sostiene che la raccolta fondi può essere in grado di allargare la partecipazione, ma anche con Massimo Coen Cagli nel momento in cui riconosce nella fiducia il contesto imprenscindibile sui cui farla nascere.

    A mio modesto modo di vedere, il peso di quanto messo in evidenza da Raffaele non è di poco conto: il meccanismo dei rimborsi elettorali anestetizza il processo auspicato da Massimo e impatta a livello zero con quanto invece messo in luce da Beppe. Ora, la questione è come far percepire alla Politica che il meccanismo economico che gli assicura sopravvivenza (ma anche vizi e stravizi) è uno dei pilastri su cui si regge la profonda crisi di identità e fiducia che la caratterizza da almeno un trentennio.

    Se non vi è consapevolezza di dover qualcosa a qualcuno (legge della reciprocità relazionale ma anche del dono) come si può essere stimolati e consapevoli che è necessario evolvere continuamente la propria causa?

    Ecco, nella concretezza di un bilancio – che poi traccia lo stesso solco della sopravvivenza, almeno organizzativa, di una formazione politica – quando la voce delle entrate è letteralmente autoreferenziale non è improbabile che anche il dialogo interno/esterno di un’organizzazione assuma lo stesso timbro!

  5. Raffaele Picilli dice

    Purtroppo è vero, oggi nei Partiti c’è tantissima autoreferenzialità…si donano fondi da soli (i famosi versamenti mensili dei parlamentari…detratti dai loro non poveri stipendi) e ci obbligano a versargli soldi (il finanziamento dei partiti) di cui non sapremo mai veramente il fine ultimo (un bel bilancio di missione potrebbe fugare un pò di dubbi..). Cambiare si può davvero, ma a chi interessa veramente?

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