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#Fundraising per la politica n°51: negli Stati Uniti si cambia..ma sarà meglio?

downloadIn Italia, grazie anche alla nuova riforma, esistono dei limiti per le donazioni ai partiti e movimenti politici. Si deve però anche dire che non è complicatissimo aggirare la normativa…Sullo stesso problema, da anni, si dibatte negli Stati Uniti.

E’utile porre un limite alle donazioni? Quel limite si può aggirare? Un limite alle donazioni frena la corruzione?

Alla fine, la Corte Suprema degli Stati Uniti ha deciso: nessun limite alle donazioni di fondi a favore dei partiti. La svolta arriva dopo l’ultima sentenza della Corte che ha dichiarato incostituzionali i limiti previsti per le donazioni individuali alle campagne politiche e ai comitati elettorali. Il motivo: quei paletti violano il primo emendamento della Costituzione americana, quello che garantisce la libertà di parola. Il verdetto ha diviso i giudici liberal e quelli conservatori (cinque contro quattro). Secondo questi ultimi i limiti non aiutavano a prevenire la corruzione e invece violavano il diritto alla libertà di espressione dei cittadini. Secondo la Corte, la libertà di espressione viene prima del rischio di corruzione.

Da oggi i cittadini degli Stati Uniti potranno quindi versare il loro contributo ai candidati al Congresso e alla Casa Bianca, nonché ai partiti e ai Pac (comitati elettorali teoricamente indipendenti), superando il limite per le donazioni complessive, che era stato fissato a 123.200 dollari per il 2013 e il 2014.

Alcuni limiti alle donazioni non sono però stati cancellati. Il limite sui contributi individuali ai candidati alla presidenza o al Congresso, pari a 2.600 dollari per elezione, non è stato toccato. Ma, l’ostacolo si supera facilmente…basta utilizzare un prestanome come è già stato più volte fatto.

Il New York Times sottolinea che la maggioranza della Corte “si è dimostrata fortemente scettica circa il ruolo di controllo della partecipazione politica esercitato dallo Stato”..E questo non è certo un complimento… Secco, invece, il commento del Washington Post, secondo cui la sentenza ha “abbattuto un’altra legge tesa a contenere la corruzione e l’influenza dei grandi capitali sulla politica nazionale”.

 

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