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Il #fundraising, il Terzo Settore e le lobbies: un discorso nuovo e complesso

Lobby è parola di derivazione latina medioevale da laubia = «loggia, portico». Secondo Adrian Room questa parola venne usata per la prima volta da Thomas Bacon in The Relikes of Rome nel 1553 e nel 1593 venne ripresa da William Shakespeare nell’ Enrico VI con il significato di “passaggio”.

Secondo la Treccani, il termine lobby è “termine usato negli Stati Uniti d’America, e poi diffuso anche altrove, per definire quei gruppi di persone che, senza appartenere a un corpo legislativo e senza incarichi di governo, si propongono di esercitare la loro influenza su chi ha facoltà di decisioni politiche, per ottenere l’emanazione di provvedimenti normativi, in proprio favore o dei loro clienti, riguardo a determinati problemi o interessi: le lobby degli ordini professionali, del petrolio,…

In Italia (ma non solo) oggi il lobbying gode di una non ottima reputazione, perché spesso “sconfina nell’attività di chi, disponendo di maggiori risorse, investe danaro per piegare alla propria volontà l’operato dei legislatori e dei funzionari pubblici”. Questo non è sempre vero. La tutela degli interessi pubblici si attiva anche attraverso l’interesse di pochi ed è proprio grazie al lavoro dei portatori di interessi che, chi deve decidere, può farlo in maniera consapevole. L’importante è farlo in maniera corretta. E in questo, le donazioni di denaro hanno un peso notevolissimo.

Le azioni di lobbying possono essere di tue tipi: dirette ed indirette. Il pubblico può essere influenzato in maniera diretta ma anche indiretta attraverso, per esempio, donazioni, campagne stampa o i social. Chi lo fa in maniera indiretta lo fa, alcune volte, per rendersi invisibile e quindi sottrarsi ad ogni tipo di controllo. Fa fare il lavoro “sporco” ad altri. In Italia, da molti anni e con poca fortuna, si sta cercando di trovare delle regole per gestire il mondo delle lobbies. Andrebbero però regolamentati tutti gli ambiti e non solo alcuni. Tutti vuol dire anche l’ambito religioso e quello solidale.

Il Terzo Settore ha un suo riconosciuto peso nel nostro Paese e spesso anche un certo “potere” e per questo motivo, così come accade in altri Stati membri dell’Unione europea, i portatori di interessi andrebbero individuati in maniera chiara, affinché le istanze di parte siano sempre presentate con trasparenza, etica e rispetto della fede pubblica. Come accade per altri, chi rappresenta istanze del Terzo Settore dovrebbe farlo seguendo le procedure richieste per gli altri soggetti.

Un soggetto, singolo o corporate, potrebbe influenzare le scelte pubbliche anche attraverso una o più organizzazioni del Terzo Settore. Potrebbe farlo attraverso donazioni importanti o farlo in conflitto d’interessi. Oggi, tutto questo, non è facilmente verificabile.

Da altro punto di vista, il Terzo Settore deve fortemente fare azione di lobbying a tutela dei propri interessi e degli interessi dei cittadini ma, a mio avviso, dovrebbe essere assoggettato alle regole che valgono per tutti gli altri portatori di interessi.

È un discorso nuovo e sicuramente complesso ma il rispetto della pubblica fede dovrebbe rappresentare uno dei pilastri del mondo Nonprofit.

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