RICERCA COMPATATIVA SUL FUNDRAISING PER I MUSEI, 2019: PARTE 3

Il Centro Studi sul Nonprofit insieme a Raise the Wind hanno realizzato, nel 2018, una nuova ricerca comparativa sul fundraising. Lo studio dal titolo Ricerca comparativa sul fundraising e people raising per i musei: Italia, Regno Unito e Stati Uniti d’America a confronto” è stato pubblicato, per interno, nel volume “L’inestimabile valore: marketing e fundraising per il patrimonio immobiliare” scritto da Gabriele Granato e Raffaele Picilli e edito da Rubbettino Editore nel 2019.

Della ricerca sarà pubblicato un abstract in tre parti. Ecco la terza ed ultima parte dedicata ai musei italiani.

Per immaginare il futuro del fundraising nel nostro Paese, bisogna guardare anche alle esperienze straniere, tenendo conto che spesso i mercati e le sensibilità rispetto alle donazioni sono molto diverse. Così come altre ricerche hanno già confermato, il fundraising negli Stati Uniti d’America e nel Regno Unito è molto più sviluppato che in Italia. Non soltanto il cittadino è maggiormente “abituato” a donare fondi ma lo può fare anche attraverso sistemi moderni come l’uso della carta di credito contactless o i bracciali contactless.

Oggetto della ricerca sono le attività di fundraising dei primi dieci musei, per numero di visitatori, degli Stati Uniti d’America, del Regno Unito e di quindici musei italiani (dieci pubblici e cinque privati).

Musei in Italia

Per questa ricerca, sono stati presi in considerazione i primi dieci musei italiani, classificati per numero di visitatori. La ricerca riguarda solo musei pubblici, ma sono stati presi in considerazione anche alcuni dei maggiori musei privati.

I musei pubblici italiani sono purtroppo in controtendenza rispetto ai musei statunitensi e britannici. Nel nostro Paese, i musei utilizzano poche tecniche di fundraising, in particolare propongono donazioni individuali e chiedono il 5×1000.

Dei dieci musei presi in considerazione solo cinque presentano sul proprio sito web una sezione dedicata alla raccolta di fondi.

Le tecniche di fundraising, sia del complesso museale degli Uffizi che del Museo Egizio, prevedono le donazioni individuali e il 5×1000. Il Museo Egizio prevede anche un’associazione sostenitori per il supporto delle sue attività. La Galleria dell’Accademia di Firenze ha come unica tecnica di fundraising la quota associativa annuale.

Nessuno dei dieci musei italiani consente di effettuare donazioni online né offre la possibilità di fare attività di volontariato all’interno delle strutture.

Nella ricerca sono stati esaminati anche cinque musei privati italiani. Sia il Museo delle Scienze che il Museo di Arte Moderna e Contemporanea usano più tecniche di fundraising, tra cui la quota associativa individuale, la raccolta fondi dalle aziende, le sponsorizzazioni. Il Peggy Guggenheim dà anche la possibilità di effettuare donazioni individuali e lasciti testamentari e consente di versare le diverse quote associative annuali online attraverso la carta di credito.

Particolarmente interessanti sono le attività di fundraising messe in atto dal Mart di Trento che ricalcano in buona parte quelle dei musei statunitensi e britannici.

Il MuSe e il Mart di Trento offrono la possibilità di fare esperienze di volontariato.

Una citazione a parte va fatta per i Musei Vaticani, anche se non sono posizionati in territorio italiano. I Musei Vaticani, al pari di quelli americani e anglosassoni, fanno ricorso ai Patrons, associazione di benefattori che sostengono la conservazione della vasta collezione d’arte, attraverso sostanziose erogazioni annuali. All’interno degli spazi museali è notevolmente incentivata la vendita di gadget e souvenir, attraverso le numerose postazioni presenti lungo il percorso espositivo.