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#fundraising per la politica n°125: i PACS come modello da seguire

Quando un donatore decide di sostenere, con una donazione importate, un partito o un candidato, le sole cosa che deve chiedere e che i suoi soldi siano spesi bene, per la causa che lui ha scelto e rendicontati correttamente. Qualche volta, invece, può chiedere “altro” e qui si entra in zone d’ombra illecite. Per evitare questo, negli Stati Uniti hanno creato prima i PACs e poi i SUPER PACs.

Nel 1775 George Washington perde le elezioni presidenziali, due anni dopo, per raccogliere fondi per le nuove elezioni, organizza una cena per i suoi amici. Costo: 195 dollari di oggi. Inizia così il fundraising per la politica.

Nella metà del 1800, è stato calcolato che una campagna elettorale per le presidenziali, costava oltre centomila dollari. La punta più alta si raggiungerà nel 1896 quando il candidato William McKinley arriverà a spendere sette milioni di dollari e a comunicare con gli elettori americani in nove diverse lingue.

Già alla fine del 1900, negli Stati Uniti è ormai chiaro a tutti che la raccolta dei fondi a sostegno della politica ha bisogno di regole precise per evitare zona d’ombra, condizionamenti politici e finanziamenti illeciti. Così nel 1947 nascono i primi PACs.

I PACs sono una sorta di comitati, nati per volontà di cittadini e organizzazioni, con l’obiettivo di sostenere, attraverso donazioni, le campagne elettorali di singoli candidati. I singoli candidati non riceveranno, dunque, donazioni dirette dalle aziende o dai cittadini ma indirette attraverso questi particolari strumenti di mediazione. L’obiettivo è di evitare qualsiasi forma di condizionamento dei candidati, una volta eletti.

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