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L’inestimabile valore. Marketing e fundraising per il patrimonio culturale

Riporto la bella recensione al volume “L’inestimabile Valore, marketing e fundraising per il patrimonio culturale” scritta e pubblicata da Inside Marketing  

L’inestimabile valore” dell’Italia sta tutto nel suo patrimonio artistico-culturale: quanto, però, pubblico e privato fanno già per metterlo pienamente a frutto e cosa potrebbero fare di più? Sembra questa la domanda di fondo del saggio di Gabriele Granato e Raffaele Picilli, edito da Rubbettino, su marketing e fundraising per il patrimonio culturale.

Quando si parla di arte del resto è più facile – e sensorio – immaginare la magnificenza della Cappella Sistina o la vividezza di un dipinto di Caravaggio che pensare che ci siano norme, legislazioni, professionisti con formazione ad hoc che operano nel settore e che «grazie al marketing […] avvicinano le persone alla meraviglia del mondo». Per i non addetti ai lavori insomma il saggio riesce soprattutto in questo, nel dare un’idea della macchina che sta dietro e muove l’inestimabile valore di ogni paese.

Chi con la cultura lavora ogni giorno nel testo dovrebbe poter trovare, invece, spunti più concreti e utili per la propria professione. Se c’è una regola d’oro quando si fa fundraising e marketing culturale, del resto, è non improvvisare: ogni fase, ogni strumento, ogni contenuto di ciascuna campagna e iniziativa devono essere studiati in maniera scrupolosa, costante, strategica. Per imparare a farlo non può certo bastare un saggio – per quanto ben scritto, consistente e ben documentato pur nella sua agevolezza –, ma un saggio resta una buona occasione per scoprire nuovi strumenti o vecchi metodi utilizzati in maniera innovativa e, ancora, buone pratiche da mettere in atto. In altre parole, per fare un confronto tra quello che si è fatto già e il tanto che si può ancora fare, tra quello che fanno gli altri e da cui prendere buon esempio. Soprattutto se, come in “L’inestimabile valore”, l’intento didattico e quello operativo convivono: attingendo alla propria esperienza professionale, infatti, gli autori descrivono strumenti e processi tipici del fundraising, forniscono tassonomie dettagliate di tipi di donatori e campagne, analizzano fasi essenziali di quest’ultime e ancora presentano modus e iter operativi (come scrivere un piano di fundraising, degli smart contract, ecc.) che dovrebbero aiutare concretamente il fundraiser culturale e, non ultimo, presentano una serie di case study, soprattutto esteri, dal cui successo e dai cui errori chi lavora nel settore può avere molto da imparare.

Trovare l’ikigai di un museo, una casa d’arte o qualsiasi altro luogo di cultura – ossia la risposta alla domanda “Qual è la sua vera ragione d’esistere?” – del resto è più facile quando si può contare su centinaia di associati che hanno desiderato sottoscrivere una membership al Guggenheim Museum o se si ha una policy ben definita per chi volesse fare donazioni in vita o dopo la morte al Louvre di Parigi. C’è un principio fondamentale, infatti, che il terzo settore ha già imparato bene e con cui anche chi fa marketing culturale farebbe meglio a familiarizzare presto: l’inestimabile valore, quando si tratta di fare fundraising o raccolte fondi, è rappresentato davvero dalle persone. Basti pensare che in America per esempio, nonostante sgravi fiscali pensati appositamente, soltanto il 5% delle donazioni a enti culturali sono donazioni corporate e che il resto proviene invece da persone normali (sì, uno dei motivi per cui il saggio potrebbe risultare interessante sono proprio dati e statistiche sul mondo del marketing della cultura). Queste persone normali donano di più – e donano meglio – quando si sentono chiamate per nome e coccolate o quando sono coinvolte emotivamente, e perché no sensorialmente, quando capiscono cioè di contare come individuo e non come numero.

Ancora una volta, Granato e Picilli forniscono a fundraiser professionisti (e non) una serie di consigli pratici in materia, a partire dall’importanza di pensare e dare forma a una buona campagna di marketing (anche digitale) o di investire su uno storytelling che incanti.

L’amaro in bocca, quello della consapevolezza che lo Stato italiano, nonostante dettato e missione costituzionali, non riesce – e mai potrebbe riuscire forse – a provvedere al suo immenso patrimonio culturale, passa presto insomma quando ci si addentra nel mondo delle soluzioni pensate appositamente per chi ha a cuore l’inestimabile valore della cultura. Interessante è, proprio in questo senso, anche l’incursione – seppur breve e accennata – nel mondo di norme come l’Art Bonus o delle detrazioni fiscali previste per i soggetti sia singoli sia business che fanno donazioni, difficile da trovare in altri saggi sulla materia.

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