Fare #fundraising e fare #peoleraising: cosa serve alle organizzazioni di volontariato?

Di seguito l’intervista di Massimo Maria de Meo per Informazione Quotidiana a Raffaele Picilli


Per la redazione di IQ oggi intervistiamo Raffaele Picilli, fundraiser, fondatore dell’agenzia Raise the Wind, è stato componente del Board di EUConsult, Associazione dei consulenti per il Terzo Settore Europeo ed oggi Presidente di EUconsult Italia, che aderisce a Confassociazioni Terzo Settore.

Ho appena letto il tuo recentissimo libro che hai scritto con Enrica Costantini (comunicatrice e già responsabile per l’UNICEF di Uffici importanti come quello dedicato ai Grandi Donatori e Lasciti) “People raising: come Reclutare, Formare e Coordinare Volontari” (Edizioni Paguro 2021) con prefazione della giornalista e conduttrice televisiva, Paola Saluzzi, si può dire che il tema centrale sul quale ruota l’intero lavoro divulgativo sia quello di offrire suggerimenti anche pratici per la gestione/organizzazione dei volontari? Ma partiamo dai dati: quanti sono i volontari in Italia?

Prima di tutto grazie per l’opportunità e la disponibilità di Informazione Quotidiana e di Confassociazioni Terzo Settore per illustrare il libro ed alcune ricerche e progetti che stiamo coordinando da anni su questi temi. Sì in effetti abbiamo deciso di parlare sia di strategie, semplici ed efficaci e di offrire, sulla base dei nostri studi e delle nostre esperienze, anche suggerimenti operativi, di cui farò qualche esempio subito dopo. Per quanto riguarda la domanda sui “numeri” del volontariato in Italia, direi che non ci sono molti dati aggiornati, fornire quindi i numeri è sempre un po’ pericoloso perché i dati sono passibili di difetti ed incompletezza, citerò pertanto solo alcune fonti per dare almeno un quadro generale del fenomeno.

Partirei dal “gradimento” del volontariato da parte degli italiani, secondo il rapporto Italia 2020 dell’Eurispes, riferito al 2019, le associazioni di volontariato in Italia hanno riscosso i consensi del 70% dell’opinione pubblica (il precedente rapporto aveva stimato un 64,2%). Per un primo dato numerico significativo possiamo dire (Fonte: ISTAT; Report Nazionale sulle Organizzazioni di Volontariato censite dal sistema dei CSV – CSVNET e Fondazione Ibm Italia, 2015) che l’Italia può contare sulla presenza di oltre sei milioni e mezzo di volontari (quasi sette secondo altre fonti), impegnati a vario titolo e secondo le loro possibilità, dei quali una parte consistente (forse più della metà) è organizzata o partecipa in oltre 44mila associazioni.

Se poi consideriamo le ricerche Istat, nel 2013 un italiano su otto era iscritto ad un’associazione di volontariato. Il 15,9% del totale era compreso nella fascia d’età fra i 55 e i 64 anni, mentre il 10,7% degli under 34 dedicava il tempo libero alla solidarietà. Il 14,8% aveva un lavoro primario, il 12,9% dedicava parte del suo tempo agli studi e il 22,1% dei volontari aveva un titolo di studio di alto livello (come la laurea).

 

Come è nato questo libro e questa enfasi sul modo migliore di organizzare i volontari è forse frutto di suggestioni di esperienze estere? Come si può “calare” in Italia ed a chi si rivolge?

In effetti nei vari studi di tipo comparatistico, soprattutto nel mondo anglosassone, che ho condotto in questi ultimi anni ho notato che si parlava quasi sempre di un binomio poco diffuso in Italia: people raising e fundraising. Definizioni complesse che potremmo schematizzare, facendo riferimento nel contesto italiano del mondo del non profit al tema della selezione, organizzazione e valorizzazione dei volontari, che secondo noi è comunque propedeutica ed indispensabile per un’efficace raccolta fondi e fidelizzazione dei donatori.

Ecco perché secondo me bisogna approfondire questi temi ed il nostro contributo va in questa direzione, rivolgendoci a tutti i responsabili e dirigenti dei soggetti impegnati nel terzo settore partendo da una domanda che potrebbe sembra banale, ma spesso può fare la differenza per un organizzazione Non profit, e cioè “che strategia volete disegnare per il vostro Ente piccolo o grande che sia” ?

 

Quindi il vostro “appello” potrebbe essere questo: prima di impostare una strategia di raccolta fondi e fidelizzazione dei propri donatori (fundraising) bisognerebbe pensare al “people raising”: la ricerca, la formazione, l’inserimento e la fidelizzazione dei volontari”, giusto?

Senz’altro condivisibile questa sintesi, perché trovare, formare e gestire volontari non è semplice. Ed è ancora più difficile non perderli. Il “tempo” che qualcuno decide di donare alle “nostre” associazioni è un dono bellissimo che non va assolutamente sprecato. Il punto di partenza è la pianificazione (sulla quale tornerò dopo) ed è per questo che è importante farsi qualche domanda in anticipo: perché mi servono dei volontari? Cosa dovranno fare? Che competenze dovranno avere? Saranno disposti ad essere formati? Sono io in grado di gestirli? Sono in grado di delegare ad altri compiti che io non riesco più a portare a termine?

Va premesso che i volontari possono donare il loro tempo in maniera differente. Ci sono volontari a breve e a lungo termine, volontari che non hanno bisogno di essere sempre presenti in sede (perché svolgono compiti all’esterno) e volontari che in sede devo esserci necessariamente (ufficio segreteria, deposito, animazione sociale..). Ci sono volontari che possono donarci due ore della loro giornata, altri tre o dieci: a tutti dobbiamo offrire una possibilità.

 

Puoi dare qualche consiglio/suggerimento operativo, delle “parole chiave” a chi all’interno delle organizzazioni di volontariato, ma più in generale delle associazioni e degli Enti del Terzo Settore, viene delegato a gestire i rapporti con i volontari per supportare le finalità ed i compiti del proprio organismo?

In primo luogoanche se può sembrare poco ..operativo , come accennavo prima, bisogna partire dalla pianificazione, che è alla base della ricerca dei volontari. Improvvisare non porta nessun frutto, prima di ricercare volontari è bene chiarire, mettendo “nero su bianco”, cosa dovranno fare in associazione e quali sono le aspettative dell’associazione.

Altrettanto importante è la formazione: suggerisco di far fare, agli aspiranti volontari, un breve corso di formazione. Infatti il volontario va formato e la formazione aggiornata in maniera periodica. Dovrà essere chiara per tutti la mission dell’organizzazione, i suoi valori, le regole, il comportamento da tenere con gli utenti dei servizi e i compiti che si accingeranno a fare. Solo alla fine del percorso formativo si dovrà decidere se gli aspiranti volontari potranno entrare in associazione o meno. Meglio dire “no, grazie” da subito che ritrovarsi un “problema” da risolvere solo dopo pochi mesi, soprattutto dove i “servizi/attività” di un’associazione sono particolarmente delicati (basti pensare al campo dell’infanzia, o più in generale del supporto all’assistenza socio sanitaria).

Terza parole chiave l’organizzazione, troppo spesso sottovalutata, ma fondamentale per inserire nuovi membri e volontari in un organismo esistente: ai volontari vanno assegnati sempre compiti specifici. Questo aiuta il percorso della delega ed evita che sempre le stesse persone facciano praticamente tutto e spesso tutto da sole.

Altro tema non secondario è la motivazione: incoraggiare i volontari è molto importante. Altrettanto lo è festeggiare insieme per gli obiettivi raggiunti. Serve a rinsaldare lo “spirito di gruppo” non c’è peggior volontario che un volontario demotivato. Ed infine, ma non per importanza! ringraziate sempre i volontari. Un semplice “grazie”, unito ad un sincero sorriso, ha un potere incredibile!

 

Mi unisco al tuo “grazie “ a tutti coloro che in una fase come quella attuale, spesso in modo poco visibile, hanno donato il loro tempo e messo a rischio la loro vita per aiutare le persone più in difficoltà che rischiavano di perdere anche la speranza di un aiuto e di una presenza amica ! Mi piace finire quest’intervista citando una bellissima frase del vostro utile libro, che piacerebbe anche al Presidente di CONFASSOCIAZIONI Angelo Deiana : “ I volontari dovrebbero essere trattati come investitori e dovrebbero ricevere una cura particolare e continua. Se si vuole che ritornino settimana dopo settimana e che reclutino i loro amici come volontari, bisogna trattarli come investitori e non come impiegati. Non sono obbligati a tornare la settimana prossima! ..”